Chi dorme non piglia pesci!
La responsabilità nei confronti della propria vita
Vorrei cominciare così. Abbiamo un'unica responsabilità. È quella nei confronti della propria vita. Vorremmo poter sempre dire: oggi ne è valsa la pena. Quindi, non parlo della responsabilità nei confronti degli altri. Chi si occupa di sé responsabilmente, è sempre responsabile verso gli altri.
Vorrei rendere il discorso molto chiaro. Essere responsabili significa occuparsi della qualità delle nostre relazioni e della nostra creatività.
Quando queste due aree sono insoddisfacenti, la vita prende un gusto amaro. Quando questi due aspetti sono insoddisfacenti, ci dividiamo interiormente. C'è il lavoro da una parte e c'è la consolazione del divertimento dall'altra. Per fortuna che c'è un po' di evasione! L’insoddisfazione crea, infatti, una tensione insopportabile e la tensione richiede rilassamento.
La sensazione di stare nel posto sbagliato a sprecare la propria vita appartiene a tanti.
Responsabilità e leadership
Cosa c’entra questo nuova accezione con la leadership o il management? C’entra perché in azienda o al lavoro si svolge la maggior parte della vita degli individui. Avere individui intrinsecamente insoddisfatti rende l'ambiente poco piacevole.
In genere, per le nostre frustrazioni, ce la prendiamo con il mondo esterno. Le relazioni vanno male per colpa del capo o del collega.
Oppure sono i compiti assegnati che non sono creativi, diamine! Non sono io che ho perso il gusto del lavorare e del creare.
La colpa è sempre esterna!
Che siamo leader o semplici operai, ciò che fa della nostra vita una vita soddisfacente e ricca è proprio la responsabilità.
Intendiamoci, questo termine porta un’ombra dietro di sé. Essa è stata sempre e solo associata al termine dovere verso qualcuno, un singolo o un gruppo.
“Devi fare i compiti - mi diceva mia madre - così sarai un ragazzo responsabile e potrai affrontare la vita”. In realtà, il sottinteso era: “solo così ti guadagnerai l’affetto di noi genitori e insegnanti.”
La responsabilità è stata così spostata sulla relazione verso gli altri e non verso se stessi. Il premio della responsabilità è l’amore nella famiglia. E nel mondo del lavoro sarà la promozione, il prestigio e i soldi.
Ma tutto questo non ha a che fare con la responsabilità della propria vita. È un tipo di responsabilità che io insegno a coltivare nei miei corsi manageriali. La insegno perché la pratico quotidianamente.
Siamo cresciuti con un tipo di responsabilità che è difficile associare alla propria soddisfazione!
Indaghiamola più da vicino questa nuova responsabilità di cui parlo.
Che tu sia un impiegato un operaio o un mega dirigente, il discorso è lo stesso. Se cerchi la soddisfazione intrinseca, quella soddisfazione per cui alla sera ti puoi dire: "oggi, ne è valsa la pena!" allora lasciati accompagnare in questa scoperta.
Responsabilità e abitudini
Responsabilità significa abilità di risposta. È qualcosa che è connessa al presente e non al futuro. È una risposta che si chiede nel momento e non ha a che fare con pesi e doveri, ma con la propria creatività.
Per rendere più concreto il discorso, bisogna analizzare i tipi di responsabilità a cui ognuno di noi si trova di fronte.
Esse sono quattro e si combinano anche tra di loro:
Pensateci bene. Esse sono le quattro azioni che sono sempre presenti in ogni momento della nostra vita. Sono connesse ai nostri sensi e al nostro modo di elaborare le informazioni.
Purtroppo, le abitudini attutiscono il sentire. Le abitudini sono procedure che hanno avuto successo in passato. Le abitudini mantengono lo status quo. Le procedure definiscono delle routine.... Quanto è bella la vita nella routine...
Le abitudini appartengono sia agli individui sia ai team.
Quindi, le abitudini riguardano il nostro modo di pensare, di fare, di dire e di vedere il mondo e le relazioni che in esso avvengono.
Non mi riferisco solo alle abitudini amministrative, commerciali o produttive. Mi riferisco a come ci rapportiamo agli altri. Al nostro modo di fare riunioni, ad esempio, magari sempre uguale, routinario, con dinamiche di ruolo fisse.
Le abitudini sono la morte della responsabilità. Infatti, ognuno inizia ad innestare il pilota automatico per ogni cosa. Le abitudini (le procedure) vanno bene per le macchine, non per gli uomini e le donne!
Il mondo è in cambiamento. Non solo: il mondo è pieno di eventi nuovi e inaspettati. Anche la procedura migliore, più testata, più di successo ha bisogno della nostra vivida attenzione. L’ambiente ci chiede risposte adeguate! Le abitudini sono valide per un mondo che è passato. Il presente ci offre occasioni di costante mutamento (perdonate l’ossimoro).
La responsabilità necessita di freschezza, attenzione, vitalità, totali.
L'abitudine è una procedura oramai consolidata e poco vitale. L’abilità di risposta è potenzialità di anticipare o cavalcare le onde. L’abilità sa di disponibilità, l’abitudine sa di stantio.
Le procedure sono razionalità applicata ad una azione. Ma hanno bisogno della nostra cura e attenzione per essere vivide e trasformarsi in processi.
Processo contiene l’idea di procedere, essere in cammino, andare verso. La procedura è un modo di affrontare una parte del processo con un certo ammontare di informazioni in quel momento a disposizione. Esse possono essere valide per molto tempo e hanno la loro utilità.
Ma se non ci mettiamo responsabilità, esse perdono lo spirito che le ha animate.
Responsabilità di pensare significa molte cose:
Responsabilità del fare significa:
Responsabilità del dire significa:
Responsabilità del vedere è:
Si dice: quattro occhi vedono meglio di due.
Il vedere dà la possibilità di mettere in comune e a disposizione dell’organizzazione i dettagli che ognuno raccoglie e che ad altri sfuggono.
Un check sullo stato delle cose
La responsabilità individuale o collettiva dovrebbe partire da alcune domande quotidiane:
La responsabilità del miglioramento continuo è fatta di sensi esterni e di senso interno (intuizione).
Uno dei pilastri dello zen è quello di svolgere il proprio compito senza scopo, né ricompensa. Questa è la base di ogni responsabilità. Fare le cose per la soddisfazione intrinseca.
È un discorso delicato perché subito si può pensare che gli sforzi non dovrebbero essere ricompensati. Non è il sistema premiante in discussione e neanche la paga.
Ci possono essere lavori ben ricompensati che non danno alcuna soddisfazione. E lavori per niente ricompensati che possono essere vissuti con pienezza e soddisfazione.
È chiaro che avere un lavoro bene ricompensato e che porti soddisfazione è la situazione migliore.
Però, io vedo in giro moltissima gente insoddisfatta, che sia ben pagata o no.
Il segreto della soddisfazione sta nell’uscire dalle abitudini ed entrare nel mondo della responsabilità.
Benessere organizzativo e individuale
Tra l’altro in questo campo, vale la stessa legge di Darwin che “l’uso sviluppa l’organo”. Cambiato il contesto, l’uso sviluppa l’abilità di fare, vedere, pensare e dire.
Più si dice più si impara a comunicare. Più si riflette più si sviluppa la creatività. Più si agisce più si diventa abili in una determinata competenza. Più si tengono aperti gli occhi sulla realtà, più essa ci arricchisce.
In definitiva, così favoriamo il cambiamento in noi stessi e nel posto di lavoro.
Un leader dovrebbe stimolare la responsabilità, ma non con inviti generici ad essere responsabili o con metodi punitivi.
Piuttosto, dovrebbe guidare ponendo queste domande.
Così si contribuisce ad un’organizzazione che impara e cresce!
Il cambiamento non accade quando ognuno si rintana nelle proprie abitudini. Con esse, il cervello piano piano si spegne, viene meno alla sua funzione di elaborare. Si riduce alla sua funzione di ripetizione. Non solo il cervello individuale, anche la rete neurale aziendale.
Per sollecitare la responsabilità, bisogna sollecitare nuove dinamiche di relazione. Solo un continuo stimolo dall’esterno può spingere gli individui a modificare le abitudini.
Le riunioni sono diventate routine, un confronto fra eghi?
Bene, ricominciate dalle quattro attività fondamentali. Non chiedete agli individui di cambiare.
Chiedete agli individui di confrontarsi.
Vedete che le persone si accusano a vicenda? Scendete nel particolare dei processi. Fate emergere le convinzioni. Guardate quali abitudini si sono consolidate. Chiedete uno sforzo per ripensare. Che ognuno esprima i propri bisogni. Ridefinite le catene cliente-fornitore interno.
In questo modo, avrete un’organizzazione rinnovata, che impara dai suoi errori e non li nasconde. Un'organizzazione che condivide e consolida uno spirito di squadra e l’appartenenza. Queste caratteristiche possono garantire il successo in un mondo che è in costante mutamento.
La mindfulness ha questo compito: riportare alta l’attenzione e far uscire dalle abitudini. Riconnettere così tutti alle proprie abilità di risposta.
Un’organizzazione che sostiene questa responsabilità sollecita gli individui a non addormentarsi. È un'organizzazione che contribuisce al benessere organizzativo e individuale.
In questo editoriale abbiamo parlato di:
• significato della responsabilità
• responsabilità della leadership, individuale e di team
• l'impatto delle abitudini sulla responsabilità e viceversa
• mindfulness e responsablità
• parola sistemica chiave della settimana: RESPONSABILITÀ (trovi tutti gli approfondimenti sulla pagina no-effort management di Linkedin
©️Anurag Rocco Gaeta – no-effort management – 5 giugno 2021
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