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Amore, creatività e felicità nel family business

Ho conosciuto molti imprenditori e i loro figli. Vuoi sapere qual è un tratto distintivo delle aziende familiari?


Lo sforzo interiore dei figli nel passaggio generazionale.


Sono pochi i fortunati che sentono che l’azienda familiare è il proprio destino. Essi si impegnano anima e corpo fin dall’inizio e sentono di riversare in azienda la propria creatività. Sentono che l’azienda è quasi loro missione.

La maggior parte degli eredi, invece, soffre.

E i genitori non capiscono tale sofferenza. A volte non la percepiscono. Non si immaginano un destino diverso per i loro figli. L’azienda tiene unita la famiglia. Cosa si può volere di più?


Le variabili in gioco sono due: amore e creatività.


La famiglia è un insieme di legami. I legami, in generale, nascono e si rafforzano tramite lo scambio tra i membri di un sistema.


In una famiglia gli scambi più intensi e determinanti avvengono quando i figli sono piccoli. Hanno bisogno dei genitori per la loro sopravvivenza.


In questa fase si crea un legame profondo. Il figlio continua a ricevere e comincia a sviluppare un senso di debito. C’è sproporzione tra ciò che il figlio riceve e ciò che può dare. La vita del figlio dipende dal nutrimento materiale e psicologico dei genitori.


Il legame assume il carattere della indissolubilità. Questa contraddistingue il legame familiare rispetto a tutti gli altri sistemi.


Ogni legame si basa sul dare e sul ricevere. Questo meccanismo rafforza il legame tra gli individui all’interno di ogni sistema.


Uno scambio equilibrato porta ad una vita emotiva sana.


Io ti dò qualcosa e ricevo in cambio qualcos’altro.


La sproporzione dello scambio tra genitori e figli a volte si protrae fino all’Università. In una famiglia con un business familiare, ciò ha conseguenze importanti. La difficoltà dei figli è nell’auto-determinazione del proprio futuro. Il destino è, in qualche modo, segnato.



I figli sentono che hanno ricevuto tanto e devono in qualche modo restituire.




I genitori sentono che hanno dato tanto e hanno un’aspettativa di ricevere indietro.




Ognuno di noi ha caratteristiche uniche e sente la naturale spinta verso l’espansione di quelle caratteristiche.

L’individuo sente anche l’impulso a restituire l’amore e la cura ricevute.

Il modo dell’amore cieco per restituire ai genitori è soddisfare le loro aspettative.

I genitori si sentono ripagati quando il figlio soddisfa le aspettative.

La pressione a restare in azienda e sacrificare le proprie qualità naturali è fortissima.


Il travaglio nel passaggio generazionale


Il travaglio nasce quindi tra queste due forze inconsce:


  • l’espansione individuale (creatività e autodeterminazione) e
  • la soddisfazione delle aspettative dei genitori (amore).

Tra le aspettative ce n’è una che investe uno o più figli: proseguire nell’azienda di famiglia, di prendersene carico. E fra questi il carico maggiore va al figlio designato, spesso non palesemente, come il successore.


Mi si sono presentati tre casi di eredi:

  • il fortunato;
  • l’inadeguato;
  • l’indeciso.

Il fortunato si trova nella famiglia giusta. Non sente contrasto interiore. La sua espansione personale passa attraverso l’espansione e il lavoro in azienda.


Il tormento dell’inadeguato è la paura di sentirsi mai all’altezza. Deve sempre dimostrare di essere capace. Spesso è cresciuto in azienda. È stato il “piccolino” per tutti. Sente che ne sa meno di tutti. Sente il disagio di occupare qualche posizione importante. Si sente imbarazzato e allo stesso tempo sotto pressione. Anche se “guai a mostrarlo”. Sente il peso dell’essere figlio del padrone.


Quando fa degli errori, potrebbe essere umiliato dal padre. Oppure avere un padre che lo perdona eccessivamente.

In un modo o nell’altro, cresce insicuro e la sua autostima è scarsa. Si confronta continuamente con il genitore e lo ritiene inimitabile. Naturalmente, sono pochi quelli che all’esterno palesano questa sofferenza interna.


La frase dell’indeciso è: “vorrei andare, ma resto.”


Questo tormento è molto più penoso nel figlio unico.


Il conflitto molto spesso resta solo interiore. Ho conosciuto persone che si vergognavano del solo pensare di non voler proseguire nell’azienda di famiglia.

Ci sono, al contrario, alcuni che lo palesano all’esterno. “Confessano” al genitore il disagio. Il genitore lascia che il figlio faccia la propria esperienza fuori, ma sa (o spera) che ritornerà. Quindi, non lo lascia veramente libero.

Altri genitori lasciano trapelare minacce, velate o palesi. Mettono l’accento sulle conseguenze dolorose che tale decisione avrebbe. Non solo per l’azienda, forse anche per la salute dei genitori, l’integrità della famiglia, il futuro del patrimonio.



In effetti, è dura avere tutto e non essere soddisfatti della propria condizione agiata.


Hai la macchina, vacanze garantite, dei bei vestiti, le migliori scuole, fai parte del bel mondo. Come osi pensare di voler uscire da questa gabbia dorata?

E poi:


“non senti la responsabilità di continuare la tradizione dei tuoi avi? “


“E il patrimonio pensi che si mantenga così? Seguire le aspirazioni individuali è un bel modo per ridurlo.”


Inoltre, vendere l’azienda è un tabù. anche se questo determinerebbe la felicità di tutti. Il genitore che smette di lavorare e si gode la vita. Il figlio che va per la sua strada.


Non se sia l’inadeguato o l’indeciso a stare peggio. Entrambi di sicuro vivono un incubo.

C’è un altro fattore che i genitori spesso non considerano.

La prima e la seconda generazione riescono a sviluppare un senso di identificazione con l’azienda. La prima ha creato ciò che non esisteva. Il fondatore ha un rapporto molto intimo con la creazione. Nell’azienda, è riuscito a dare forma esterna alla sua creatività.

Il successore di 2a generazione ha consolidato l’opera iniziata dal suo predecessore. Entrambi hanno avuto e hanno un rapporto viscerale con l’azienda.

La terza e le successive generazioni non hanno più questa sensazione. Sembra essere già tutto completato e pronto. Bisogna solo fare manutenzione, non creare!

Sentono solo il peso del legame. Sentono che se ne devono occupare. In fondo devono pur far qualcosa di questo ben di dio che gli è capitato in sorte e onorarlo, anche se a malincuore.


Movimenti inconsci


Sia l’inadeguato sia l’indeciso si muovono nella loro vita in rapporto al genitore e non con la creazione.

L’inadeguato vuole essere bravo e continuare ad avere conferme di essere amato. Si sacrifica, nasconde la propria vulnerabilità pur di farcela. Nei più arroganti, tale atteggiamento porta a scimmiottare il padre nei comportamenti. Chi gli sta intorno lo tollera. Vede stessi atteggiamenti ma percepisce la diversità rispetto al genitore.


L’indeciso non capisce. Perché deve dedicare la propria vita a qualcosa che non gli interessa? D’altronde non sa cosa vuole veramente. Sente che l’aspettativa è quella di dover continuare in azienda.

La sua vita è come un elastico. Peregrina un po’ lontano dall’azienda alla ricerca della sua identità. Ritorna sconfitto in azienda senza averla trovata.


Ha la sensazione di essere condannato da un destino fortunato e crudele. È tutto dovere ciò che lo aspetta. La sua creatività, che non sboccia, è sacrificata all’altare della famiglia.


In azienda è attivo. Spesso, propone, si impegna e realizza dei progetti. Cerca di distinguersi, di voler lasciare l’impronta. Ma tutto questo è lontano dal sentirsi creativo. Alla fine non ha che la rassegnazione come prospettiva. E ciò accade…


Approccio sistemico, meditazione e felicità


Le costellazioni sistemiche possono aiutare gli eredi. Aiutano anche la meditazione e lo zen.

Le persone che hanno lavorato con me hanno creato le condizioni per l’uscita dall’inadeguatezza o dall’indecisione. Hanno trovato il proprio posto, non solo in azienda, ma nella vita.


Come si capisce che trovi il tuo posto? Sei sempre più soddisfatto di essere lì esattamente dove ti trovi nell’istante in cui ti trovi.


Non potresti avere di meglio. E non è auto-ipnosi.

Ogni individuo entra in contatto profondo con se stesso. Viene accompagnato a uscire dal proprio condizionamento e a trovare la propria individualità.


Solo l’osservazione fa crescere.

Le costellazioni aziendali e familiari ti fanno osservare le dinamiche di relazione. Scopri se stai violando qualche principio sistemico.

La meditazione ti porta in contatto con le tue qualità e con i tuoi automatismi. Sciogliendo questi ultimi, le prime possono emergere.

Così ognuno può trovare la propria strada per la felicità.

In questo editoriale abbiamo parlato di:

  • amore, creatività e felicità nel family business
  • problemi nel succedere al genitore in azienda
  • parola sistemica chiave della settimana: FAMILY BUSINESS (trovi tutti gli approfondimenti sulla pagina no-effort management di Linkedin
  • approccio sistemico e meditazione applicati al business

©️Anurag Rocco Gaeta – no-effort management – 27 febbraio 2021

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